Lee Pro 1000
Ho tenuto questo post nelle bozze per un po’, indeciso se pubblicarlo o no; il motivo di tanta incertezza è dato dal fatto che non conta tanto il contenuto che seguirà quanto la rappresentazione dell’approccio che è matrice comune di molte esperienze che ho vissuto. Capisco di aver espresso un concetto in maniera assolutamente criptica.
Dunque torniamo indietro all’aprile del 2006, quando arriva il mio porto d’armi per uso sportivo e decido di acquistare la mia prima arma, la scelta (assolutamente guidata da parametri errati) cade su una Beretta PX4 Storm in calibro 9×21.
La scelta è caduta questa pistola sia per la sua linea accattivante che per il costo modesto rispetto alle concorrenti.
La acquisto insieme alle munizioni e comincio ad andare al poligono a sparare,1, 2, 3 ……….9 finchè mi stufo delle linee e cerco qualcosa di più avvincente delle 30 linee (sono così definite al TSN di Torino).

Per farla breve approdo all’ IDPA e se fino ad ora avevo sempre acquistato le munizioni ora devo fare un ulteriore passo e iniziare a ricaricare.
Già…ricaricare, all’inizio sembra facile cammin facendo comincia a diventare una lotta per la sopravvivenza …tu o la pressa.
Viene il momento di scegliere la pressa, la scelta cade sulla Lee Pro 1000, a detta di tutti ottimo rapporto qualità/prezzo, la sua concorrente Dillon Precision è inavvicinabile.
L’instancabile Coordinatore del Black Eagle Shooting Club mi prepara la pressa e mi fa un vero e proprio corso di ricarica, io smonto la pressa e la porto in garage e la lascio li per un mese, la guardo con ammirazione e gratitudine grazie a lei entrerò nel fantastico mondo della ricarica.
Un sabato preparo la stanza che dovrà ospitarla e finalmente la isntallo permanentemente.
Terminato il rito dell’installazione comincio l’attività di ricarica.
Inneschi CCI, palle piombo della Frontier e via…

I primi 1000 colpi vanno via lisci, dopo di chè cominciano i primi problemi con l’innescatore, la vite centrale, lo shell plate.
Insomma la porto in armeria dove il mio fido “armiere differente” mi cambia una manciata di ricambi e mi restituisce la pressa più efficente che mai.
Intanto intorno a me comincio a registrare i primi cedimenti, ovvero persone che mollano la Pro 1000 per passare alla più veloce e potente Dillon (la madre di tutte le presse).
Ma io continuo, anche perchè la disponibilità economica per un tale marchingegno avrei qualche difficoltà a reperirla.
A settembre la svolta, acquisto un’altra pistola una Tanfoglio, arma sicuramente più adatta all’attività sportiva che pratico; ma qui sorge una nuova complicazione: devo cambiare gli inneschi, passare ai Winchester.
L’inizio della fine, macino colpi su colpi passando un bossolo alla volta, ciè mettendoci tre volte il tempo necessario. Per fare i colpi per un allenamento ci volevano due o tre sessioni.
A complicare la situazione ci si mette anche la dose di polvere, dal giorno che Paolo me la aveva preparata non la avevo più toccata.
Così tocca capire quanta polvere mettevo nei proiettili, visto che con la nuova arma mi sembravano un po’ vispi, allora smonto il dosatore il quale è costituito da un disco con una serie di fori numerati; appunto il mio numero e vado su internet per capire al mio buco quanti grani di polvere corrispondono.
Indovinate la risposta, esistone le tabelle volumetriche per i dischi della Lee per tutte le polveri del pianeta, ma non per la Cheddite.
Volete indovinare che polvere uso io ?

Bene allora non resta che procurare una bilancia in grani, e così acquisto un splendida Lyman 500 completamente manuale (avete presente il venditore di verdura ambulante che ha quella bilancia con il contrappeso che quando deve pesare sembra un equilibrista sulla corda).
Una volta capito come tararla finalmente riesco a pesare e capire che stavo caricando troppo (a dire il vero il carrello della mia Tanfoglio ha provato a dirmelo in oiù occasioni ma senza successo).

Prendo una decisione drastica, butto i dischi e monto il dosatore volumetrico, una roba strana che ha una scala graduata che non centra nulla con la quantità che stai scaricando.
Anche qui bilancia, regolazione, bilancia, regolazione finchè trovo il mio equilibrio.
Sempre più scoraggiato continuo, anche in questo momento avrei faticato a trovare le risorse economiche per il cambio.
Man mano però comincio a conoscere meglio la mia pressa, imparo a capire quando sta per incepparsi, faccio un uso massiccio di aria compressa e la pulisco in continuazione.
Tutto procede così fino al 13 gennaio di quest’anno, giorno in cui preparo i colpi per la prossima gara di IDPA e vedo tra gli inneschi accatastati una scatola di inneschi Federal (i papà di tutti gli inneschi, si attivano a comando vocale).
Penso, perchè no. Tanto peggio di così. E così carico l’innescatore e carico i tubi di bossoli e non mi fermo fino al centesimo colpo, il tutto senza interruzioni o intoppi.
Da quel giorno ho ricominciato ad usare inneschi CCI, ogni tanto faccio cilecca ma il mio armiere sta lavorando per risolvere.
Macino colpi alla velocità corretta e finalmente l’operazione di ricarica diventa routinaria.
Questo racconto agli occhi di un macinato agonista sembra fuori dal mondo, tuttavia è esattamente la sintesi di ciò che ho vissuto io, spero pertanto che possa servire a qualcuno che sta incominciando la misteriosa arte della ricarica.
Io ritengo la mia esperienza positiva e fortunata poichè sono stato per tutto il tempo aiutato e sorretto da Paolo Brusa del Black Eagle Shooting Club il quale ha saputo sempre rispondere a tutti i quesiti o problemi che in questo anno gli ho rivolto.
Alla prossima avventura…

Massimo Lombisani Vecchi Articoli

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